Rodolfo Ridolfi Presidente In occasione del Convegno tenutosi all’Università di Macerata “O poesia tu più non tornerai” Campana-Moderno .
Veggente, visionario, orfico, germanico, mediterraneo, allucinato, fantastico vagabondo dello spirito, poeta della notte, poeta barbaro, Rimbaud della Romagna. Queste formule con cui i critici hanno cercato di chiarire la personalità poetica di Dino Campana non riescono a pieno, nessuna, ad illuminare “il segreto umano” del poeta perché come tutte le definizioni limitano in un ambito troppo angusto la materia dell’arte e dimenticano il rapporto materia e forma da cui nasce il canto.
Non intendo avventurarmi in questa disamina e mi limiterò a sottolineare come appropriato sia il titolo di questo convegno “o poesia tu più non tornerai” Campana Moderno. Per rendere un doveroso e sentito omaggio a questa terra che ci ospita e a questa antica Università di Macerata voglio ricordare come Campana affermasse di voler “nel paesaggio collocare dei ricordi”. Sul paesaggio aleggia un alone di misteriosa lontananza molto prossimo a quello del “Canto del pastore errante” di Giacomo Leopardi. Come il Leopardi Campana sentì il fascino delle ore crepuscolari, della luna immota sui campi, delle stelle silenti, del canto che si perde nelle strade solitarie, della finestra illuminata nel buio nella notte mediterranea, del silenzio occhiuto di fuochi. Leopardiana è anche la trasfigurazione fantastica della donna e spesso l’atmosfera lirica ricorda Leopardi.
In questo mio brevissimo saluto vorrei tuttavia esternare una impressione che in Campana l’attimo è colto nella sua fuggevolezza ma non spegne nell’animo quell’ansia disperata di libertà destinata a rimanere insoddisfatta. Scriveva la Inghilleri “Non illuminazione che fende le zone oscurate della mente, non vaticinio dettato dalle misteriose forze dell’inconoscibile, ma transumata ebbrezza fuor dei sensi in un’aura pura da umane miserie in quell’ebbrezza in cui all’uomo giunge più dolce il suono della vita mentre le voci di dolore si sono mutate in canto. Il linguaggio poetico libero da ogni legame permette zone di silenzio perché più alto risuoni il canto, campi d’ombra che fanno più splendido il colore.